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SpeciaListi di settore | La difficoltà e la bellezza di essere portiere

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Quello del portiere fin dagli albori è sempre stato un ruolo bistrattato. Nel più classico dei campetti d'oratorio, se sei un bambino e sei il più alto della squadra, un po’ meno dotato tecnicamente oppure colui che (per usare un eufemismo) atleticamente e fisicamente non è il primo della lista, il tuo destino potrebbe riservarti un futuro tra quei “maledetti” pali. Ogni errore o quasi genererà un gol degli avversari con annessi rimproveri ed occhiatacce dei compagni.

altCome sottolinea il nostro preparatore dei portieri delle giovanili Alessandro Poletti “E’ un ruolo dove subentrano talmente tante variabili che è quasi un’entità a sé. L’errore del portiere, a differenza di quelli dei suoi compagni, rimane impresso nella mente di tutti aumentando quindi il carico di responsabilità rispetto agli altri ruoli di movimento”. D’altro canto quando girerà bene, la giornata sarà quella giusta e si farà il paratone (ad esagerare) si riceveranno delle misere pacche di incoraggiamento. I titoli, le copertine e gli abbracci sono e saranno sempre per chi fa gol, ovvero l’attaccante, il deus-ex-machina di una squadra, il preferito dai tifosi e dalle tifose, anche se lui ci riuscirà soltanto al novantesimo dopo aver sbagliato l’inverosimile.

Vista sotto quest’aspetto si potrebbe dire che fare il portiere non è il massimo, ma in realtà vuol dire molto più di questo. Più dei gol subiti, delle arrabbiature e delle rivalità. Significa essere l’ultimo baluardo della squadra, l’eroe che può salvarla in un qualsiasi momento di difficoltà. Bisogna essere forti mentalmente ed avere personalità, qualità non sempre facile da riscontrare in ragazzi nel bel mezzo del proprio processo di crescita ed è esattamente in questo momento che lo staff deve intervenire cercando di aiutare e supportare i propri tesserati sia sotto il punto di vista umano che tecnico. Un estremo difensore non deve fare l’errore di credersi invincibile oppure arrendersi al primo errore, anzi parafrasando sempre il ‘nostro’ Poletti: “il migliore non è chi sbaglia meno, ma colui che dopo averlo fatto riesce ad imparare la lezione e a superarla”.

La delicatezza del ruolo è massima e quindi di conseguenza diverse sono le variabili che intervengono nel suo sviluppo come sostiene il preparatore dei portieri della prima squadra Giuseppe Benatelli: “La maggior discriminante sono le varie fasce d’età ed in base a quelle si va successivamente a lavorare sull’aspetto coordinativo, che è di fondamentale importanza perché è ciò che determina la performance. Si deve poi prestare attenzione ad altri tre aspetti: quello tecnico, quello condizionale e a quello tattico. Inutile dire però che la differenza alla fine la fanno ovviamente le capacità tecniche del soggetto in questione”.

Per un Donnarumma che esordisce appena sedicenne in Serie A, ne esistono tanti altri che devono aspettare qualche anno in più per crescere e consacrarsi. Il fatto è che “non esiste un’età prestabilita” dichiara Benatelli. “Anche perché biologicamente i ragazzi sono diversi, sia sotto il punto di vista fisico che mentale. Il percorso che intraprendono è differente e quindi differenti saranno anche le esperienze. C’è chi può maturare prima e chi dopo, però tutto dipende dal grado di prontezza del ragazzo”. Prontezza e coraggio, caratteristiche imprescindibili per un ragazzo che vuole ‘fare’ il portiere, il ruolo più bello, delicato, frustrante ed importante che esista su un campo da calcio.

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