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Società

L'opinione

  • Pubblicato in Società
di Ildo Serantoni

Chi ci conosce sa che siamo soliti pensare in positivo: il bicchiere, insomma, lo vediamo sempre mezzo pieno. E, allora, dalla partita a luci e ombre di venerdì notte - e anche dalla giornata complessiva a luci e ombre del giorno successivo - vediamo di trovare anzitutto ciò che ci è stato offerto di buono. Non c’è da sforzarsi. Basta riferirsi all’ultimo quarto d’ora di AlbinoLeffe-Frosinone per trovare almeno due elementi di valutazione incoraggianti. Il primo riguarda la forza di reazione della squadra dopo lo 0-2. All’AlbinoLeffe, in queste prime 18 partite di campionato, era riuscito soltanto una volta di raddrizzare il risultato dopo essersi trovato sotto: contro il Pisa all’ottava giornata, quando Troncodipino Garlini aveva replicato a Buzzegoli firmando l’1-1. In tutte le altre circostanze (Sassuolo, Vicenza, Mantova, Brescia) non era stato capace di riprendere l’avversario scappato in avanti. Questa volta la rimonta è partita addirittura da una doppietta all’apparenza mortifera, quando i margini di recupero - leggi minuti mancanti alla fine - erano davvero molto ristretti. Segno tangibile dello spirito che cementa il gruppo e viene a galla nei momenti delicati.La seconda annotazione positiva riguarda il rientro di Cellini. Il quale, 30" dopo avere messo i piedi in campo, ha sfiorato il gol con una conclusione dal limite dell’area. Per chi vuole trarre auspici anche dai segnali, questa è una buona occasione. Quasi un segnale di riscossa, la stampella di Enrico Toti, la carica del trombettiere. Sarà un caso, ma proprio da quel momento la frittata si è rovesciata e l’AlbinoLeffe ha agguantato il meritato pareggio dopo essersi reimpossessato delle chavi del gioco.Naturalmente, il critico, sia pure ottimista per predisposizione mentale, non può chiudere gli occhi sulle brutture viste in precedenza, prima di quel fiammeggiante quarto d’ora finale. Un brutto AlbinoLeffe aveva trepestato un calcetto smorbio e inuzzolito, insistendo nel fraseggio su un campo che non lo consentiva, raramente allargando il gioco sulle corsie laterali. Una interpretazione sbagliata del match, insomma, estranea persino alle scelte dell’allenatore. Il calcio, amici lettori, non è così complicato come vogliono farvelo credere i supposti analizzatori dei moduli: 4-4-2, 4-1-4-1, 3-5-2, 4-3-3 e via pallottoliereggiando. E non è nemmeno una scienza. È un esercizio tecnico e atletico in cui l’atteggiamento viene prima della pur necessaria tattica. La partita di venerdì ne è la prova lampante: l’AlbinoLeffe ha cominciato a giocare bene quando aveva sul terreno la formazione più illogica, con quattro attaccanti, quattro difensori (uno dei quali Madonnino, che è a sua volta un attaccante) e due soli centrocampisti di ruolo, Laner e Caremi. E si badi bene: con quella formazione che nessun allenatore sano di mente schierebbe mai dall’inizio, la squadra non ha fatto arrembaggio, non si è affidata a scagliare palloni nel mucchio sperando di trovare la sponda giusta. Niente palla avanti e pedalare. Al contrario, ha giocato un calcio logico ed equilibrato, cosa che non aveva fatto nell’ora precedente. Alla faccia dei moduli.

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